Quando il Lavoro su di Sé comincia a diventare una costante nella tua vita, ti accorgi di tanti aspetti dei tuoi tre corpi (fisico, emotivo e mentale), che prima semplicemente non riuscivi a vedere poiché eri totalmente immers@ nella meccanicità.
Questo è il primo di una serie di articoli nei quali ti parlerò praticamente di come applico i principi del Lavoro su di Sé nella quotidianità.
Ho deciso di inaugurare questa nuova sezione per un motivo molto semplice: quando mi sono avvicinato al Lavoro su di Sé, mi avrebbe fatto molto piacere (e mi sarebbe stato veramente utile) se qualcuno avesse condiviso la propria esperienza pratica.
Buona lettura.
Lavoro su di Sé – Esempio reale #1
- Sono al telefono con una persona cara e mi sento lucido e sveglio, al punto da decidere di ascoltare le sue parole restando in totale presenza e sfruttare l’occasione per applicare i principi del Lavoro su di Sé.
- Mentre la ascolto, percepisco chiaramente il suo desiderio di parlarmi di quell’argomento, e questa semplice constatazione mi fa provare una grande gioia.
- Nel continuare ad ascoltarla, senza interromperla e senza distrarmi (da lei e da me), mi accorgo che il suo discorso (e con esso la sua voglia di condivisione) si è esaurito.
- Penso quindi che tocchi a me e comincio a parlarle del passo di un bellissimo libro che sto leggendo, desideroso di condividere a mia volta, con l’intento di leggerlo anche a lei.
- A differenza sua, trovo dall’altra parte un muro di pregiudizi che mi blocca letteralmente nel continuare.
- A questo punto comincio ad osservarmi e mi rendo conto che una parte di me le direbbe volentieri “Hai parlato per 10 minuti e sono rimasto ad ascoltarti senza fiatare. Proprio per questo motivo, sarebbe stato corretto da parte tua ascoltare ciò che avevo da dirti io, anche se si fosse trattato della cavolata del secolo!”.
- Continuando ad osservare ciò che succede dentro di me, mi accorgo anche di tante forme pensiero (pensieri e relative emozioni), che evidentemente fanno parte della mia ombra interiore e che hanno attratto la situazione che sto vivendo (l’esterno è interno…).
- Le due cariche emotive più evidenti sono quelle dell’ingiustizia (“hai parlato per 10 minuti e non fai parlare me!”) e del risentimento (“mi aspettavo di essere ripagato con la stessa moneta, e che tu mi fossi riconoscente per averti lasciato tutto il tempo di cui avevi bisogno per parlarmi delle tue cose”).
- A questo punto, anche se una parte di me (quella che formula automaticamente i pensieri) vorrebbe ripagare l’interlocutore con la sua stessa moneta (vendetta), magari attaccando bruscamente la telefonata, riesco a conservare la necessaria centratura per osservarla e separare il messaggio dal messaggero.
- Resto quindi sull’emozione e accetto di tacere, riuscendo addirittura a chiudere la chiamata con un sincero sorriso.
- Dopo aver attaccato, continuo a restare in auto-osservazione e mi rendo conto dei residui energetici delle cariche emotive che stanno pian piano rientrando e trasformandosi, consapevole che, quando dovesse ricapitare, mi troveranno ancora più pronto rispetto a questa occasione.
Lavoro su di Sé #1 – Approfondimento
Questa cosa mi è successa la scorsa settimana. La telefonata è durata circa 20 minuti. Adesso cercherò di approfondire i punti più significativi, in modo da fissare ancora meglio – insieme a te – alcuni concetti chiave del Lavoro su di Sé.
Prima di farlo, però, ti invito a considerare un fatto importante: il Lavoro su di Sé viene chiamato in questo modo proprio perché richiede uno sforzo di Volontà, quello di rimanere presenti e ricordarsi di sé il più a lungo possibile nell’arco della giornata.
Tornando all’esempio:
…mi sento lucido e sveglio, al punto da decidere di ascoltare le sue parole restando in totale presenza e sfruttare l’occasione per applicare i principi del Lavoro su di Sé.
La decisione di ricordarmi di me l’ho potuta prendere solo perché ero già sveglio in quel momento. Se fossi stato pensieroso o preoccupato, ossia identificato con il corpo mentale e quello emotivo, non avrei potuto cogliere l’attimo applicando i principi del lavoro su di sé come poi ho fatto dopo.
Mentre la ascolto, percepisco chiaramente il suo desiderio di parlarmi di quell’argomento, e questa semplice constatazione mi fa provare una grande gioia.
L’ascolto in presenza consente di percepire le sfumature emozionali dell’altra persona, che altrimenti sarebbero nascoste. Il solo fatto che in cuor mio le stessi rendendo un servizio consentendole di esprimersi apertamente mi ha fatto provare una grande gioia interiore, dovuta proprio al fatto che le avessi aperto il mio cuore.
Penso quindi che tocchi a me e comincio a parlarle del passo di un bellissimo libro che sto leggendo, desideroso di condividere a mia volta, con l’intento di leggerlo anche a lei.
Il mio (moderato) desiderio di condivisione nasceva dall’idea che avessi maturato un credito nell’ascoltare in silenzio per 10 minuti, e che quindi fosse quasi un diritto acquisito quello di essere ascoltato. Questo pensiero era basato su un’aspettativa egoica (“hai parlato tu, ora tocca a me e mi ascolti“) ed è stato proprio lui ad innescare il resto…
…comincio ad osservarmi e mi rendo conto che una parte di me le direbbe volentieri “Hai parlato per 10 minuti e sono rimasto ad ascoltarti senza fiatare. Proprio per questo motivo, sarebbe stato corretto da parte tua ascoltare ciò che avevo da dirti io, anche se si fosse trattato della cavolata del secolo!”.
Questo testimonia ciò che ho detto nel paragrafo precedente: la mia personalità/ego riteneva che le toccasse di diritto disporre di altrettanto tempo per esprimersi.
Continuando ad osservare ciò che succede dentro di me, mi accorgo anche di tante forme pensiero (pensieri e relative emozioni), che evidentemente fanno parte della mia ombra interiore e che hanno attratto la situazione che sto vivendo (l’esterno è interno…)
L’osservazione mi fa notare ciò che emerge dal profondo, facendomi anche ricordare l’importantissimo principio secondo il quale “l’esterno è interno” e siamo noi ad attirare nella nostra vita ciò che ci accade. Anche se ti dovesse sembrare strano, ti assicuro che adottare una prospettiva del genere ti riconsegna il pieno potere perché ti fa sentire responsabile al 100% di ogni cosa che vivi, eliminando ogni possibile carnefice esterno e sottraendoti con forza al ruolo della vittima.
Le due cariche emotive più evidenti sono quelle dell’ingiustizia (“hai parlato per 10 minuti e non fai parlare me!”) e del risentimento (“mi aspettavo di essere ripagato con la stessa moneta, e che tu mi fossi riconoscente per averti lasciato tutto il tempo di cui avevi bisogno per parlarmi delle tue cose”).
Qui la cosa interessante è la comparsa del senso dell’ingiustizia e del risentimento per il rifiuto subito. È interessante perché sono emerse due delle 5 ferite emozionali principali, quella dell’ingiustizia e quella del rifiuto, che evidentemente mi porto dentro come la maggior parte delle persone e che, grazie al Lavoro su di Sé, sto pian piano integrando.
…anche se una parte di me (quella che formula automaticamente i pensieri) vorrebbe ripagare l’interlocutore con la sua stessa moneta (vendetta), magari attaccando bruscamente la telefonata, riesco a conservare la necessaria centratura per osservarla e separare il messaggio dal messaggero.
Anche in questo caso, lo stato di presenza che sono riuscito a conservare quando i demoni interiori tornavano in superficie, mi ha consentito di vedere il senso di “vendetta” scaturente dal risentimento dovuto al rifiuto, aiutandomi a separare il messaggio (le cariche emotive) dal messaggero (l’interlocutore).
Resto quindi sull’emozione e accetto di tacere, riuscendo addirittura a chiudere la chiamata con un sincero sorriso.
Uno dei principi del Lavoro su di Sé è stare sull’emozione, possibilmente fino alla sua apparente scomparsa, e così ho fatto. Questo mi ha consentito di salutare la persona con cui stavo parlando senza lasciar trasparire alcuna amarezza o risentimento, ma con un bel sorriso.
Dopo aver attaccato, continuo a restare in auto-osservazione e mi rendo conto dei residui energetici delle cariche emotive che stanno pian piano rientrando e trasformandosi, consapevole che, quando dovesse ricapitare, mi troveranno ancora più pronto rispetto a questa occasione.
In quest’ultima parte emergono due aspetti molto importanti da sottolineare nell’ottica del Lavoro su di Sé:
- Se andiamo a fondo nel SENTIRE affinando le nostre capacità percettive, ci rendiamo conto che quasi sempre, appena al di sotto della coscienza grossolana, sono presenti cariche emotive subdole (quelle che in un altro articolo definisco demoni a fuoco lento) che ci sottraggono costantemente energia e delle quali troppo spesso non ci accorgiamo.
- In ogni momento di presenza, in ogni attimo in cui ci ricordiamo di noi e ritroviamo la nostra centratura interiore trasmutando il piombo delle emozioni inferiori nell’Oro di quelle superiori, stiamo costruendo il nostro Corpo di Gloria (o Corpo Causale), la nostra Anima immortale, per fare in modo che possa esprimere tutta la sua potenza al Servizio degli altri.
L’articolo “Lavoro su di Sé (in pratica) #1” termina qui.
Come detto in apertura, quando ho iniziato ad interessarmi al Lavoro su di Sé mi sarebbe stato di grande aiuto poter leggere le esperienze di altre anime in cammino, ed è proprio per questo motivo che scriverò altri articoli come quello che hai appena letto.
Grazie.
Grazie di cuore…..bellissima iniziativa ….molto valida
Grazie di cuore a te, Maurizio. Sono contento sia utile. A presto ♥️
Grazie del tuo grande aiuto❤
❤
Articolo molto bello, come gli altri del resto. I concetti sono importanti, ma lo sono altrettanto le applicazioni nelle situazioni “vissute”. Grazie di cuore per il tuo grande lavoro.
Grazie Paolo!
Mi è successa una situazione veramente simile. Ma non avendo nessuna conoscenza del lavoro su di se, è gli strumenti necessari, sono stata sopraffatta dai demoni interiori. Articolo molto interessante, grazie. Roberta
Grazie a te, Roberta 🙂